Questi disturbi sono contraddistinti da un persistente disturbo dell’alimentazione o da comportamenti legati all’alimentazione che alterano il consumo o l’assorbimento di cibo, compromettendo in maniera significativa la salute fisica, ma anche il funzionamento psicosociale di chi ne soffre. Essi rientrano ad oggi tra le cause più frequenti di disabilità giovanile a cui sembra essere associato un elevato rischio di mortalità. Il rischio di suicidio nell’Anoressia Nervosa è alto, con tassi riportati a 12 su 100000 per anno.
Il DSM 5 distingue diversi tipi di DCA:
Anoressia nervosa
Tale disturbo alimentare si presenta con alcuni aspetti caratteristici: la restrizione nell’assunzione di calorie ed il peso corporeo significativamente basso; l’intensa paura di ingrassare; un’alterazione del modo in cui viene percepito il peso e la forma del proprio corpo che si riflette in una costante sensazione di essere in sovrappeso.
Essa può essere di due tipi:
- con restrizioni, in cui la perdita di peso è ottenuta principalmente attraverso la dieta, il digiuno e l’intensa attività fisica;
- con abbuffate e/o condotte di eliminazione , caratterizzato dall’uso inappropriato di lassativi, diuretici o enteroclismi, e vomito autoindotto.
Con il termine “abbuffata” si fa riferimento ad un episodio in cui la persona ingerisce un enorme quantitativo di cibo con la sensazione di perdere il controllo su quello che sta facendo. Più precisamente, questa descritta è l’abbuffata oggettiva, ma è possibile parlare anche di abbuffata soggettiva quando la quantità di cibo non è oggettivamente eccessiva.
Bulimia nervosa
È caratterizzata da abbuffate e condotte compensatorie inappropriate per evitare l’aumento di peso, almeno 1 volta alla settimana e per 3 mesi. Gli episodi di abbuffata sono accompagnati dalla sensazione di perdere il controllo di sé. Le condotte compensatorie utilizzate per schivare l’aumento di peso dopo un episodio di abbuffata vengono definite “inappropriate” perché consistono nell’indursi il vomito, nell’abusare di lassativi, diuretici e farmaci di questo tipo, nel digiunare e/o nel praticare un’attività fisica eccessiva. Quella del vomito è la pratica compensatoria più diffusa dando un’immediata riduzione della sensazione di malessere fisico e della paura di aumentare di peso. Raramente fanno ricorso a ormoni tiroidei per accelerare il metabolismo ed evitare l’aumento di peso. Le persone che soffrono di bulimia solitamente nascondono i loro sintomi perché se ne vergognano profondamente, di fatti le abbuffate avvengono in solitudine e in segreto.
Ad innescare l’abbuffata, spesso, interviene un’emozione negativa legata a condizioni interpersonali stressanti, ma anche la restrizione dietetica, la noia e i sentimenti negativi legati al peso e alla forma corporea. Molto spesso a preparare il terreno per la prossima abbuffata è proprio l’intenso sforzo che la persona esercita su sé stessa per seguire una dieta decisamente ferrea che si è imposta. La persona pensa di dover rispettare alla lettera tutte le regole dietetiche che ha stabilito e ogni volta che “infrange” queste regole assumendo un alimento non consentito, va’ incontro ad un terribile senso di fallimento e ad una dolorosa auto-critica che la porta ad abbuffarsi.
L’attività fisica viene definita “eccessiva” quando interferisce con altre attività importanti per la vita della persona, quando viene svolta in orari o ambienti inusuali, oppure quando la persona si ostina a svolgerla nonostante condizioni fisiche o mediche avverse.
Disturbo da binge-eating
Esso presenta episodi di abbuffata con la sensazione di perdere il controllo almeno 1 volta alla settimana per 3 mesi. Tali abbuffate non sono seguite da condotte di eliminazione o di controllo del peso di alcun tipo, come invece accade nella bulimia nervosa. La perdita di controllo viene segnalata dall’incapacità di astenersi dal mangiare oppure di fermarsi. Inoltre, alcune persone lamentano un senso di estraniamento durante o subito dopo l’abbuffata.
Tali episodi sono associati ad un marcato disagio e ad almeno tre dei seguenti fattori:
- la persona mangia molto più rapidamente del normale;
- mangia fino a provare dolore;
- mangia una grossa quantità di cibo anche se non ha fame;
- mangia in solitudine perché si vergogna della quantità di cibo che ingerisce;
- prova disgusto verso sé stessa, si sente in colpa e molto triste dopo l’episodio.
Gli studi scientifici evidenziano l’associazione tra emozioni negative ed episodi di abbuffate. L’utilizzo del cibo per gestire uno stato emotivo spiacevole e/o doloroso nell’immediato può procurare un senso di benessere e di rilassamento ma, se applicato con regolarità conduce inevitabilmente ad un abbassamento del livello di benessere psicofisico.
Il disturbo da alimentazione incontrollata influenza la vita della persona che ne soffre sia da un punto di vista fisico che da un punto di vista psicologico e sociale. Possono esserci delle complicazioni mediche, solitamente secondarie allo stato di obesità (es. ridotta aspettativa di vita, diabete, malattie cardiovascolari, apnee notturne, certi tipi di cancro, dislipidemia, colelitiasi e ipertensione arteriosa). Dal punto di vista psicologico le persone sono spesso depresse o stressate a causa del problema alimentare, e possono presentare isolamento sociale, poiché si vergognano del proprio stile alimentare o per il fatto di essere in condizione di sovrappeso o di obesità.
Pica
È caratterizzato dalla presenza per almeno un mese di una persistente ingestione di sostanze non commestibili e inappropriate rispetto allo stadio di sviluppo. Le sostanze ingerite variano con l’età e possono includere carta, sapone, stoffa, capelli, lana, terra, gesso, ciottoli, etc.
Tale disturbo generalmente non si associa ad una più generale avversione per il cibo.
Disturbo da ruminazione
Esso è contraddistinto da ripetuto rigurgito di cibo per almeno un mese, verificandosi diverse volte alla settimana. Il cibo rigurgitato viene poi rimasticato, ringoiato o sputato. Spesso la persona lo riporta come un aspetto abituale o fuori dal proprio controllo.
Disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione di cibo
Esso si presenta sotto forma di una sostanziale incapacità nel soddisfare i requisiti per la nutrizione oppure di un apporto energetico insufficiente. È accompagnato da una perdita di peso, significativo deficit nutrizionale o relativo impatto sulla salute, dipendenza dall’alimentazione parenterale oppure altri tipi di supplementi e marcata interferenza col funzionamento psicosociale della persona.
Disturbo della nutrizione o della alimentazione con altra specificazione
Rientra in questa categoria il disturbo con condotte di eliminazione in assenza di abbuffate, la sindrome da alimentazione notturna e i casi sottosoglia di anoressia, bulimia e disturbo da alimentazione incontrollata.
Disturbo della nutrizione o della alimentazione senza specificazione
Rientrano quelle condizioni per cui mancano informazioni per specificarne le caratteristiche.
Spesso le persone che soffrono di un disturbo alimentare sono poco propense ad ammetterlo e a fare qualcosa per risolvere il problema. Pertanto, potrebbe essere necessario l’intervento dall’esterno di un familiare o di una persona vicina che potrebbe notare un importante calo di peso corporeo, una certa tendenza a mentire rispetto all’aver mangiato o meno, e a quanto ha mangiato, oppure un evitamento delle situazioni in cui si mangia insieme agli altri. Inoltre si potrebbero notare momenti di particolare voracità nell’ingerire cibo oppure la tendenza a tagliuzzare in pezzi piccolissimi il cibo che viene poi ingerito con estrema lentezza. Ancora, un altro segnale è il vedere la persona andare subito in bagno dopo aver mangiato oppure ricorrere ad un allenamento eccessivo.